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[Recensione] Insidious

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Insisious 4: l’ultima chiave è finalmente uscito ieri nei nostri cinema, portando con sé grandi  aspettative, visto l’enorme successo ottenuto dalla saga cinematografica in questi anni. Dunque, come ogni attesa che si rispetti, riviviamo insieme quella che è stata una delle saghe horror  più avvincenti degli ultimi anni, una saga che non ha di certo rivoluzionato il genere, ma che ha saputo portare una vera e propria ventata d’aria fresca dove c’erano tante idee stantie, viste e riviste.

ATTENZIONE: IN QUESTO ARTICOLO CI SARANNO SPOILER, DUNQUE, SE NON AVETE ANCORA VISTO I PRIMI 3 CAPITOLI, NON PROCEDETE NELLA LETTURA.

Il primo capitolo è un gioiellino. Nella sola regia di James Wan risiede tutto il valore di un film minimalista sotto certi aspetti, ma che sa davvero mettere paura. Un horror con molti rimandi ai classici del genere (L’Esorcista, Poltergeist e Shining su tutti) e la cui bellezza risiede oltre che nell’abilità registica di James Wan, nella bravura degli attori. Tutto il film scorre a meraviglia in un susseguirsi di situazioni-tipo: infestazione della casa (o meglio, di Dalton, il figlio maggiore), intervento della medium Elise (Lin Shaye) e scioglimento che lascia aperta la porta sul sequel:

Josh, con alle spalle il demone che tiene prigioniero suo figlio

già, perchè durante un viaggio astrale nell’”Altrove” (il mondo in cui Dalton rimane intrappolato), Josh (padre di Dalton, interpretato da Patrick Wilson) rimane posseduto da un demone terribile, “la sposa in nero”, che lo tormentava già in tenera età.  Si scopre infatti che l’abilità di viaggiare in questo mondo parallelo è stata tramandata di padre in figlio.

La fine del film è spiazzante: Elise scatta una foto a Josh e l’immagine mostra proprio il volto del demone, che ucciderà la medium.

Da qui, incomincia il secondo capitolo. Insidious 2 – Oltre i confini del male è (parere personale) uno degli horror più belli degli anni 2000, in cui James Wan dà prova di aver raggiunto la maturità registica, la stessa dell’altro suo film campione di incassi: The Conjuring – L’Evocazione. (2013). Qui, le vicende seguono il nostro Josh intrappolato nell’Altrove, aiutato dalla stessa Elise, che cercherà di ricongiungersi con il suo corpo nel mondo reale. Ma il vero colpo di genio della pellicola risiede nel fatto che i tanti episodi che nel primo capitolo sembravano avere poco senso, vengono qui spiegati: durante il viaggio astrale, i personaggi compiono gesti che si ripercuotono nella nostra dimensione e che sono funzionali all’intera comprensione dei due film.

“La sposa in nero”

Anche la figura di Parker Crane (che si rivelerà essere “La sposa in nero”, lo spirito che tormentava Josh) è destinata a diventare iconica nella storia di questo genere come un personaggio che difficilmente verrà dimenticato. Da apprezzare, infine, la scelta di terminare questo dittico con un bel lieto fine. Questo perchè la famiglia Lambert viene presa in simpatia dallo spettatore per un motivo molto semplice: non è la classica famiglia da film horror. Mi spiego meglio, l’inizio dei problemi per i Lambert risale a quando Josh era piccolo, ma questa volta non c’entra nessuna tavola Ouija usata spropositatamente, nessuna casa infestata e nessuno spirito risvegliato dal nulla. La facoltà di viaggiare nell’”Altrove” di Josh e di Dalton è un dono, qualcosa di meraviglioso, ma che li porta accidentalmente ad imbattersi in figure demoniache e malvagie. Di conseguenza, è naturale che lo spettatore provi una certa empatia per questi personaggi, desiderando che le cose si concludano nel migliore dei modi. E James Wan non ci delude affatto.

Ed eccoci al terzo capitolo: Insidious – L’Inizio. Questo capitolo è un prequel, con protagonista assoluta Elise, che aiuta un’adolescente, Quinn Brenner, a mettersi in contatto con la madre defunta. Qui Elise incappa per la prima volta nella figura della sposa in nero, iniziamo a conoscere in parte questo personaggio e abbiamo uno sguardo più ampio sulla saga in sé, tant’è che ci viene mostrato anche l’inizio della collaborazione tra Elise, Specs e Tucker (i due “ghostbusters” che ritroviamo anche negli altri due capitoli). Tuttavia, pur essendo un film gradevole, Insidious 3 non raggiunge il livello degli altri due. La regia di Leigh Whannel (sceneggiatore dei primi due) ricorda in parte quella di Wan, ma il risultato finale è ben diverso. Alcune idee sanno di già visto e, va da sé, non viene retto il confronto con i predecessori.

Quinn Brenner e “l’uomo che non respira”

A ogni modo, quello di Insidious è un vero e proprio microcosmo dell’horror moderno, con personaggi destinati ad entrare nell’immaginario collettivo come figure cult degli ultimi anni. Visto l’enorme successo della saga, le aspettative per questo quarto capitolo sono alte. Sappiamo che sarà un altro prequel, che verrà ulteriormente approfondito il personaggio di Elise Rainier e che dietro alla macchina da presa ci sarà Adam Robitel, un regista giovane già autore di un horror, The Taking of Deborah Logan. La curiosità è tanta, ma sarà all’altezza dei film precedenti? Essendo l’ultimo capitolo della saga, ci auguriamo proprio che sia così.

Cresciuto a pane e horror, coltiva questa passione fin da piccolo che lo ha portato ad aprire Horror Stab insieme a Francesco per condividere questo meraviglioso genere con tutti i fan del genere.

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